REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA
PRIMA SEZIONE CIVILE
in composizione monocratica ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa
civile di primo grado recante il numero di ruolo 28984
dell'anno 2001, poste in decisione nella camera di consiglio
del 14.1.2005 e vertente
tra
Berlusconi
Silvio
elett.te dom.to in Roma, in via Muzio Clementi 48, presso
lo studio dell'avv. Fabio Lepri che lo rappresenta e
difende in forza di procura alle liti in calce alla
comparsa di costituzione quale nuovo difensore
attore
e
Travaglio
Marco
elett.te dom.to in Roma, in Piazza Dei Caprettari 70,
presso lo studio degli avvocati Virginia Ripa di Meana,
Domenico Luca Scordino e Valeria Vacchini che lo rappresentano
e difendono in forza di procura alle liti a margine
della comparsa di risposta
convenuto
e
Fabbri
Daniele, in arte Daniele Luttazzi
elett.te dom.to in Roma, in Viale Mazzini 13, presso
lo studio dell'avv. Andrea Parlatore che lo rappresenta
e difende in forza di procure alle liti in calce alle
copie notificate dell'atto di citazione del Berlusconi
e della comparsa di chiamata in causa della Ballandi
Entertainment Spa.,
convenuto
e chiamato in causa
e
Freccero
Carlo
convenuto
contumace
e
Rai RadioTelevisione
Italiana Spa.
elett.te dom.ta in Roma, in via Parma 22, presso lo
studio dell'avv. Andrea Di Porto che la rappresenta
e difende, unitamente all'avv. Stefano D'Ercole, in
forza di procure alle liti in calce alla copia notificata
dell'atto di citazione avversario,
convenuta
e
Ballandi
Entertainmnent Spa
elett.te dom.ta in Roma, in Vicolo Orbitelli 31, presso
lo studio dell'avv. Vincenzo Zeno-Zencovich che la rappresenta
e difende, unitamente all'avv. Eugenio D'Andrea, in
forza di procure alle liti a margine della comparsa
di costituzione,
chiamata
e chiamante in causa
avente
ad oggetto: domanda di risarcimento danni.
Svoglimento
del processo e conclusione delle parti
con atto
di citazione notificato il 26.4.2001 l'on. SIlvio Berlusconi
ha convneuto davanti a questo Tribunale Marco Travaglio,
Daniele Fabbri (in arte Daniele Luttazzi), Carlo Freccero
e la rai Radiotelevisione Italiana s.p.a. esponendo
che nel corso del programma televisivo "Satyricon",
trasmesso il 14.3.2001 dalla società convenuta sul canale
Rai-2, il giornalista Travaglio e il conduttore Fabbri,
in accordo con il direttore della rete Freccero, avevano
gravemente leso il suo onore, la sua reputazione, la
sua immagine di uomo politico e la sua stessa identità
personale, avendolo presentato ai telespettatori come
persona impegnatasi in politica per curare i propri
interessi personali, e per salvaguardare le proprie
fortune, accumulate con metodi non trasparenti e verosimilmente
delittuosi, nonché come politico colluso con ambienti
mafiosi, implicato in operazioni di riciclaggi oe per
averlo additato come mancante a volto coperto di attentati
contro magistrati e perfino contro propri collaboratori
e amici. Sulla base di tali premesse la difesa dell'on.
Berlusconi ha formulato le seguenti domande:
- condannarsi i convenuti
in solido ovvero disgiuntamente al risarcimento dei
danni morali e non patrimoniali subiti dall'attore
da determinarsi in via equitativa in almeno lire 20.000.000.000;
- condannarsi i convenuti
in solido ovvero disgiuntamente al versamento della
sanzione prevista dall'art. 12 della legge numero
47/1948 da determinarsi in via equitativa in almeno
lire 1.000.000.000;
- ordinarsi la divulgazione
per estratto dell'emananda sentenza in aperture dei
telegiornali della sera delle tre reti della Rai e
la pubblicazione a caratteri doppi sui quotidiani
La Repubblica, Corriere della Sera, Il GIornale, Il
Sole 24 Ore, Il Messaggero, il Secolo XIX, Il Resto
del Carlino, La Stampa, La Nazione, Il Mattino e Il
Giorno, a cura dell'attore e a spese delle parti convenute;
- condannarsi i convenuti
alla rifusione delle spese processuali
Marco Travaglio, Daniele
Fabbri e la Rai Radiotelevisione Italiana s.p.a. si
sono costituiti in giudizio con distinte comparse di
risposta chiedendo il rigetto delle domande attoree
ricorrendo le esimenti dell'esercizio dei diritti di
critica politica e di satira nonché, secondo la difesa
del Fabbri, del diritto di cronaca, Daniele Fabbri ha
altresì chiesto la condanna dell'attore a risarcimento
dei danni per lite temeraria ex art. 96 c.p.c., la cancellazione
di alcune espressioni dell'atto di citazione avversario
ritenute offensive, e, in via subordinata, la condanna
della Rai Radiotelevisione Italiana e del direttore
della Rete-2 Carlo Freccero a manlevarlo da ogni pretesa
risarcitoria avversaria; la Rai Radiotelevisione Italiana
ha quindi chiamato in causa la Ballandi Entertainment
spa, quale società che aveva prodotto il programma "Satyricon"
in forza di contratto di appalto, chiedendo di essere
manlevata da ogni pretesa risarcitoria formulata dall'on.
Berlusconi; la Ballandi Entertainment spa si è costituita
in giudizio assumendo in via principale sia l'infondatezza
delle domande dell'attore sia l'infondatezza della domanda
di manleva formulata dalla Rai Radiotelevisione Italiana
e chiedendo, in via subordinata, di essere a sua volta
manlevata dal Fabbri; a fronte di tale ultima domanda
della Ballandi Entertainment il fabbri ha eccepito la
carenza di giurisdizione del Tribunale adito, assumendo
che il contratto stipulato con detta società prevedeva
all'art. 11 una clausola di arbitrato; Carlo Freccero
è rimasto contumace.
La causa è stata istruita con l'interrogatorio libero
del Fabbri e con la produzione di varia documentazione
e della videocassetta contenente la registrazione della
trasmissione; i mezzi di prova orale prospettati dalle
parti sono stati ritenuti irrilevanti ai fini della
decisione. Le conclusioni sono state precisate dall'udienza
del 30.9.2004; tutte le parti hanno ribadito quanto
chiesto nei rispettivi atti di costituzione e ai sensi
dell'art. 190 c.p.c. sono stati concessi i termini di
giorni 60 e 20.
Motivi
della decisione
L'oggetto del giudizio
è rappresentato da un'intervista di Daniele Fabbri al
giornalista Marco Travaglio trasmessa il 14.3.2001 dalla
rai Radiotelevisione Italiana, sul canale Rai-2, diretto
da Carlo Freccero, nel corso del programma "Satyricon",
realizzato dalla Ballandi Entertainment spa, che l'on.
Silvio Berlusconi ha ritenuto gravemente lesiva del
suo onore, della sua reputazione, della sua immagine
di uomo politico, e della sua stessa identità personale,
e che, al contrario, i convenuti costituitisi in giudizio
hanno ritenuto legittimo esercizio dei diritti di cronaca,
di critica politica e di satira garantiti dall'art.
21 della Costituzione.
Il testo della suddetta intervista, non oggetto di contestazioni,
è risultato essere il seguente:
D> Buonasera Marco
e benvenuto.
M> Buonasera
D> Ho letto questo libro d'un fiato, è veramente molto
interessante, l'hai scritto con Elio Veltri, che è membro
della commissione antimafia e giustizia, Origine e misteri
delle fortune di Silvio Berlusconi. Questa in effetti
è una cosa che, non so gli altri italiani, non so i
giornalisti italiani che non ne parlano mai evidentemente,
ma io mi sono sempre interrogato su questo mistero.
Innanzitutto vorrei fare una premessa, perché in genere
poi mi accusano sempre di essere fazioso o cose di questo
genere: tu scrivi per Repubblica, per l'Espresso, per
MicroMega eccetera, sei di sinistra?
M> No.
D> Non sei di sinistra,
oh, meno male, meno male, quindi possiamo parlare tranquillamente.
M> Diciamo che ho trovato asilo in questo gruppo, ma
io ho lavorato con Montanelli finché Montanelli
ha potuto lavorare in giornali liberi, quando glieli
hanno chiusi o lo hanno messo in condizione di andarsene
non ha potuto più dirigerli e quindi sono felice di
aver trovato asilo in un giornale altrettanto libero.
D> Quindi il tuo maestro è Montanelli.
M> Sì.
D> Montanelli il quale ha dichiarato recentemente "Berlusconi
è il macigno che paralizza la vita ploitica italiana"
M> Lo chiama "il piazzista di Arcore" quando è in pubblico,
in privato...
D> Peggio? Ah, okay, va be', non vogliamo saperlo perché
poi non vogliamo finire in tribunale. Ehm, tu hai anche
uno stipendio pignorato, mi sembra di ricordare.
M> Si, dall'onorevole Previti.
D> Per quale motivo?
M> Ogni mese mi leva un quinto del mio stipendio. Ora,
essere pignorati è già abbastanza seccante ma devo dire
che essere pignorati da Previti è proprio il massimo
della vita.
D> Tu lavori per Previti?
M> Anche.
D> (risata)
M> Per aver scritto una cosa vera e purtroppo non sono
riuscito a convivcere il tribunale di Roma, e quindi
spero nell`appello, spero di vincere in appello.
D> In bocca al lupo.
M> Così dovrà restituirmeli con gli interessi, sarà
divertentissimo.
D> Sarà divertentissimo. Be', facci sapere. Io ho letto
questo libro. Alle prime due pagine ho detto: ok, qui
saltiamo per aria tutti quanti, perché ci sono delle
cose veramente sconvolgenti. Io mi rifarei proprio dall'inizio:
"Cavaliere da dove ha preso i soldi", no? Inanzitutto,
in questo libro si parla di teoremi? Cioè, sono teoremi
delle toghe rosse o sono fatti?
M> In questo libro si parla di documenti: ci sono dei
documenti che andrebbero spiegati, se in Italia le interviste
contemplassero delle domande: il problema è che in Italia
abbiamo inventato questo genere letterario dell'intervista
senza domanda, almeno quando il politico è l'ospite.
E quindi nessuno lo chiede ma è una domanda legittima.
Qui c'è un dirigente della Banca d'Italia che viene
incaricato dalla Procura di Palermo di fare un perizia...
D> Giuffrida?
M> ... esatto, il dottor Giuffrida, tuttora al suo posto
nonostante abbia subito alcune minacce pubbliche, il
quale ha studiato i finanziamenti che negli anni 70
e 80 arrivavano alle 22 anzi 34 holding che compongono
la Fininvest...
D> Erano 22 e ora sono 34, ho appreso da questo libro.
M> Ma perché inizialmente si pensava a 22, poi andando
a cercare se ne sono scoperte anche 34 ...
D> Cosa sono queste "holding"
M> Be', diciamo, sono de contenitori di denaro, denaro
che passa tra l'una e l'altra in un complicatissimo
sistema di scatole cinesi e molto spesso non si capisce
poi alla fine da dove è partito. Infatti, questo tecnico
di Banca d'Italia che, diciamo, non è uno stalinista,
è un'espressione del capitalismo, ha cercato di capire
da dove arrivassero questi soldi, perché ci sono 115
miliardi in 7 anni che arrivano in contanti.
D> 115 miliardi dell'epoca, che sarebbero?
M> Sarebbero sui 500 di oggi. Arrivano in contanti:
immagino in dei valigioni, in tir, non so come li si
trasporti.
D> Da dove provenivano questi soldi?
M> Ehm, alla fine il dottor Giuffrida si arrende, alza
le mani e dice "provenienza sconosciuta"; e quindi bisogna
conoscerla, io credo che un uomo pubblico dovrebbe spiegarci
che ci fossero dei benefattori che continuavano a donare
questi soldi in contanti, ma bisognerebbe saperlo chi
sono.
D> Ma i soldi che passano da una holding all'altra e
eccetera non lasciano delle tracce, non è possibile
risalire all'indietro come Pollcicno e arrivare fino
all'origine?
M> No, il sistema francovaluta, si chiama così non sto
a spiegarlo perché è complicatissimo, faceva in modo
che il punto di partenza fosse inidentificabile. Tutto
ciò poi era ancora complicato da alcune amenità: il
dottor Giuffrida, assieme agli uomini della DIA, quando
è andato a ritroso alla ricerca di questi finanziamenti,
è andato a cercare la documentazione presso banche,
e presso queste banche alcune società non risultavano
nemmeno essere mai esistite, poi si è scoperto perché:
erano state per errore classificate come negozi di parrucchiera
e estetista. Ora, l'idea che Berlusconi tra tutto quello
che ha abbia anche delle società di parrucchiere e estetista
era veramente troppo, infatti lì è stato detto "oops,
ci siamo sbagliati", non erano parrucchieri ed estetisti,
erano società finanziarie.
D> Che banche erano queste banche?
M> Mah, una, la più famosa, è la Banca Rasini, quella
dove lavorava il padre del Cavalier Silvio Berlusconi:
credo che cominciò da impiegato e poi diventò, se non
ricordo male, direttore generale. Ed era una delle banche
che è indicata dai giudici di Palermo come quelle utilizzate
per il riciclaggio del denaro della mafia.
D> Noi siamo morti in questo momento, vuoi dirmi?
M> Quante querele vuoi prenderti? Sennò smettiamo.
D> Mah, il libro è interessantissimo, è meraviglioso:
tu hai avuto minacce dalla pubblicazione di questo libro?
M> Non ancora.
D> Ok, perfetto, poi fammi sapere.
M> Ho saputo alla libreria di Fiumicino, che un omino
di bassa statura...
D> ... solerte ...
M> ... era passato a comprare tutte le copie che c'erano.
D> Stampatene di più, no? Così loro le prendono e voi
guadagnate.
M> Infatti, noi ristampiamo, loro ricomprano e vediamo
chi si stanca per primo.
D> E' stupendo. Una cosa su cui mi sono sempre interrogato
è questa: c'erano alcune società che voi chiamate nel
vostro libro "siringhe monouso", tipo la Palina eccetera,
fanno una sola operazione. perché? Cioè, partono dei
soldi dalla Palina, holding uno, due, tre, ta-ta-ta-ta
e poi ritornano alla Palina: perché?
M> E poi ritornano all'origine: questa è una delle cose
più incomprensibili che si sia trovato ad affromntare
questo povero tecnico.
D> Erano dei giroconti fittizi?
M> Sono delle cose che nemmeno un tecnico di alto livello
come questo riesce a spiegare, per cui alla fine si
arrende: la procura di Palermo convocherà, anzi, credo
che abbia già convocato ma la cosa slitterà a dopo le
elezioni, il Cavalier Berlusconi perché può darsi che
tutto ciò sia assolutamente lecito, l'importante è spiegarlo.
Bisognerà spiegarlo...
D> Facciamo un appello,
no? Bisognerà spiegarlo. Voi parlate di due fasi dell'impero
Fininvest: una prima fase dagli anni 70 fino all'83,
è la fase che abbiamo appena descritto, mi pare di capire,
dove piovono miliardi non si sa da dove, e una seconda
parte, invece, diciamo il CAF, tangentopoli, fino alla
legge Mammì...
M> è la fase Craxi, quando Craxi era presidente del
Consiglio.
D> Esatto. Qui però dite una cosa interessante e che
io non sapevo, e cioè che Craxi ha partecipato alla
fondazione di Forza Italia.
M> Ah, quello è un altro documento straordinario, secondo
me: c'e un piccolo democristiano milanese che si chiama
Ezio Cartotto, che viene ingaggiato da Marcello Dell'Utri...
D> Chi è Marcello Dell'Utri?
M> Marcello Dell'Utri è il braccio destro di Silvio
Berlusconi, palermitano, l'uomo che nel 1974 quando
Berlusconi ha bisogno di uno stalliere va a Palermo,
prende un boss mafioso glielo porta a Milano e glielo
mette in Villa per un anno e mezzo: si chiamava Mangano
questo boss, è stato poi processato al maxiprocesso
di Falcone e Borsellino e poi è stato condannato all'ergastolo
per traffico di droga, mafia e omicidio, ed era in rapporto
con Dell'Utri fino almeno al '93-'94. Chiusa la parentesi.
Stavamo dicendo?
D> Hai fatto una parentesi da niente...ci bevo un attimo
su? Non so voi ma io sto abbastanza tremando, ma ok.
(si sente un tonfo da ditro le quinte) Un attentato,
sventato per fortuna: state fermi e non saltate sulle
sedie, nessuno si muova. (applauso)
M> Allora: Dell'Utri ingaggia questo democristiano lombardo
perché dice" qui bisogna fare un partito, il Cavaliere
dice che i nostri referenti politici stanno malmessi
con Mani Pulite e quindi"...
D> Siamo nel 91-92?
M> Siamo nel '92, subito dopo l'arresto di Mario Chiesa
e i primi indagati, i primissimi piccoli indagati milanesi,
nemmeno Craxi: Craxi poi sarà a dicembre. Lo chiude
in un ufficio di Publitalia, gli dice di non dire niente
perché della cosa sa soltanto lui e il Cavaliere, nemmeno
Confalonieri perché era contrario a questo progetto
di entrare in politica.
D> Fedele è simpatico, eh?
M> Bè, si, diceva delle cose che dette oggi sembra Stalin,
invece era Confalonieri: diceva "è impensabile che noi
senza vendere le televisioni andiamo in politica"; cercava
di convincere Berlusconi: infatti all'inizio lo tennero
all'oscuro, così racconta Cartotto. Allora, questo ufficio
di Publitalia comincia a lavorare alla fondazione del
partito, che poi verrà reso noto agli Italiani
un anno e mezzo dopo: nessuno lo sa. E questo Cartotto
racconta delle cose secondo me strepitose: voglio citare
perché qui bisogna essere esattissimi, le querele
volano come... e noi non le vogliamo prendere le querele...
D> Non so tu, io no di certo. Credo che sia il male
minore la querela a questo punto.
M> Allora, Cartotto racconta il movente della nascita
di Forza Italia: "Berlusconi, in una convention di quadri
della Fininvest tenuta a Montecarlo, tenne un discorso
che posso definire di attacco, dicendo specificamente:
i nostri amici che ci aiutavano, Craxi & c., contano
sempre di meno, i nostri nemici contano sempre di più,
dobbiamo prepararci aqualsiasi evenienza per combatterli"
. Ma racconta un'altra cosa secondo me strepitosa, e
cioè che nel 1992-93, quando Caselli non era nemmeno
procuratore di Palermo, quando nessuno si sognava di
ipotizzre alcunchè di rapporti tra mafia e Fininvest,
Berlusconi, secondo Cartotto, si aggirava per le sue
aziende dicendo "se non andiamo in politica ci accuseranno
di essere mafiosi". Ora, a me francamente non è mai
capitatodi temere di essere accusato di essere mafioso.
A te non credo.
D> Non credo, no.
M> "Berlusconi, racconta Cartotto, temeva che entrando
in politica potessero essergli rivolte accuse di contiguità
con la associazione mafiosa. Per la verità Cartotto
ad un'intervista al Corriere dirà poi che Berlusconi
diceva queste testuali parole: mi faranno di tutto,
andranno a frugare tutte le carte, diranno che sono
un mafioso.
D> Ma perché? Strano, no?
M> Poi aggiunge Cartotto che nel 1994,quando vennero
fuori le prime voci su queste liesons dangereuses,
per usare un termine raffinato, dice: "ricordo che Berlusconi
mise sotto accusa Dell'Utri specificando che nei sondaggi
Forza Italia stava scendendo proprio per questo problema
dei suoi rapporti con la mafia; ricordo che la reazione
di Dell'Utri mi sorprese alquanto, quando mi disse testualmente:
Silvio non capisce che dovrebbe ringraziarmi perché
se dovessi aprire bocca io, puntini puntini.
D> Queste sono dichiarazioni di Cartotto. Rese dove?
M> Queste sono dichiarazioni di Cartotto alle procure
di Caltanissetta e Palermo che indagano sui mandanti
a volto coperto delle stragi del 1992 e 93.
D> Cosa c'entrano?
M> Eh, cosa c'entrano. Quante querele vuoi beccarti?
Allora...
D> No, stiamo cercando di capire, stai tirando fuori
delle cose che non stanno nè in cielo nè in terra, non
è una logica normale, credo, no? Non essere così soddisfatto,
è una cosa tremenda, oh, mamma mia.
M> No, sarà che le conosco e quindi do un po' meno peso.
C'è un atto assolutamente pubblico, la requisitoria
del pubblico ministero Luca Tescaroli al processo di
appello per la strage di Capaci dove sono stati condannati
tutti i boss di Cosa Nostra, da Riina in giù, per avere
ordinato e realizzato la strage che ha visto la moste
di Falcone, della moglie, degli uomini della scorta;
in questo processo di appello Tescaroli fa un accenno
ad un'altra indagine che è in corso alla procura di
Caltanissetta, e che riguarda i mandanti avolto coperto,
cioè coloro che avrebbero diciamo suggerito se non altro
la tempistica per quelle due stagi in sequenza che erano
Capaci e poi via D'Amelio: voi ricorderete che in quei
50 giorni saltarono in aria i due giudici più famosi
d'Italia, a Palermo, cioè Falcone e Borsellino: intere
autostrade sventrate, cioè una cosa mai vista; forse
in Colombia. E questo pubblico ministero nella requisitoria
ha sostenuto, ha ricordato, le parole di alcuni collaboratori
di giustizia i quali sostengono che Totò Riina, prima
di mettere a punto queste stragi, aveva incontrato alcune
persone importanti, come le chiamava lui, e questi pentiti
riferiscono che erano Berlusconi e dell'Utri. Naturalmente
tutto ciò è una requisitoria, èun documento pubblico,
è una cosa che è stata letta in udienza e noi l'abbiamo
pubblicata, non è una sentenza, ci mancherebbe altro,
è semplicemente uno spunto di indagine, indagine che
mentre Tescaroli parlava era in corso: e altre indagini
ci sono sulle stragi del 3, perché voi ricorderete che
nel 93 ci fu quella replica, quando la mafia stranamente
cominciò ad occuparsi del patrimonio artistico: cioè,
la mafia uscì dal territorio siciliano e cominciò a
mettre bombe agli Uffizi, a via Palestro a Milano e
qui a Roma, a San giovanni in Laterano, per non parlare
dell'attentato a Maurizio Costanzo, che è un altro caso
clamoroso: è molto interessante, soltanto a livello
cronologico, leggere quello che racconta Cartotto, e
cioè che Maurizio Costanzo era uno, all'interno della
Fininvest, ferocemente contrario alla nascita del partito
della Finivest, cioè alla scesa in campo della Fininvest
in politica. Insomma, è un bel quadretto.
D> Bè, direi, rivelazioni esplosive.
M> Sai qual è il brutto, o il bello? Che non sono rivelazioni,
cioè non sono cose che io sono andato atrovare e che
nessuno poteva trovare. Sono cose che sono state dette
in un'aula di tribunale.
D> Be', nessuno le riferisce perché ancora devono essere
dimostrate.
M> Si, ma quando un pubblico ministero dice una cosa
se ne dovrebbe parlare.
D> Non se ne parla?
M> Non se ne parla molto.
D> C'è una specie di consegna del silenzio?
M> Un pochino, forse.
D> Forse stanno aspettando.
M> Forse stanno aspettando.
D> E Craxi cosa c'entra? perché tutto è partito da Craxi.
M> Si: Cartotto racconta che in queste riunioni ad Arcore
nelle quali si decideva la nascita di Forza Italia,
a un paio di queste riunioni partecipò Bettino Craxi,
poco prima di volare ad Hamamet, cioè prima di perdere
l'immunità parlamentare e di volare, un giorno prima,
ad Hamamet per sottrarsi all'arresto.
D> Quindi quello che sostenete voi in questo libro è
che, da certi riscontri, deposizioni, ecc. ecc., la
nascita del partito è dovuta al fatto che mancavano
i referenti politici ad un certo punto quindi han detto:
ok, dobbiamo farci le cose da soli. Giusto?
M> Questo racconta l'unico testimone che ha parlato
di quel periodo, cioè questo Cartotto, che non è un
pentito di mafia, non è un delinquente...
D> E dove si trova adesso questo Cartotto?
M> Credo che stia appena fuori Milano. Viene chiamato
spesso a testimoniare in vari processi, quelli di Dell'Utri,
quelli di Berlusconi...
D> C'è un altro capitolo che secondo me è molto interessante,
ed è quello sulla legge Tremonti: Tremonti è nella cronaca
di questa settimana perché ha dato del gangster al ministro
Visco ecc. ecc.: ho letto però una cosa interessantissima
su questa legge Tremonti in realtà.
M> La legge Tremonti è una legge che, detta in soldoni,
rilascia delle agevolazioni fiscali alle imprese che
reinvestono gli utili. E quindi è una legge neutra.
Senonchè un giorno una certa azienda, che si chiama
Mediaset, compra dei film, e comprati quei film chiede
al governo se può beneficiare dei vantaggi della legge
Tremonti. Il governo le risponde si, puoi beneficiare
di questi vantaggi. E questi vantaggi, quantificati,
sono 243 mliardi. Il problema qual è: io non so se la
Mediaset avesse o non avesse il diritto ad accedere
a questi vantaggi: c'è chi sostiene di no perche i film
acquistati non sono beni materiali e la legge Tremonti
si occupava soltanto di beni materiali; ma diciamo che
fosse tutto di loro diritto: il problema è che a beneficiare
di questa legge è colui che l'ha fatta, e cioè il Cavalier
Silvio Berlusconi con una mano è presidente del Consiglio
e con l'altra è padrone della Mediaset e si interpella
da solo chiedendo: "scusa, puoi tu usufruire di questa
legge? Si che puoi." . E alla fine ci guadagna 250 miliardi.
D> Ma come. Ogni volta che gli rinfacciano il conflitto
di interessi lui dice sempre: "No no no, perché poi
io lo risolverò molto tranquillamente: quando parleremo
di cose che mi riguardano io mi alzo e me ne esco".
No?
M> Si, bè, non dovrebbe mai mettere piede, avremmo un
governo vacante, in esilio.
D> Si, perché io ho elencato le cose di cui si occupa:
editoria, telecomunicazioni, telefoni cellulari, assicurazioni,
grandi distribuzioni, cinema, audiovisivi, affari immobiliari,
sport. Tutto.
M> E negozi di parrucchieri ed estetisti.
D> I negozi di parrucchieri, hai ragione. Dunque: riassumiamo
un pochettino il percorso di questo libro: c'è dentro
un'intervista anche a Borsellino che è incredibile.
M> C'è un'intervista agghiacciante a Paolo Borsellino:
è una rarità questa intervista, perché la Rai l'ha potuta
trasmettere soltanto nottetempo...
D> Perché l'ha potuta trasmettere? In che senso?
M> La Rai ce l'aveva, ma Roberto Morione, direttore
di Rai News 24, ha fatto il giro delle sette chiese
per offrirla a tutti quelli che hanno i programmi in
prima serata, ai telegiornali, e tutti gli hanno detto
che non gli interessava perché era roba vecchia: in
realtà questo è l'ultimo documento filmato di Paolo
Borsellino prima che salti in aria. è stata fatta il
21 maggio del 92, due giorni dopo salta in aria Falcone,
50 giorni dopo salta in aria Borsellino.
D> Cosa c'era di così drammatico in questa intervista?
M> Bè, è un'intervista abbastanza agghiacciante, per
chi la vede soprattutto col senno di poi, cioè la vede
come il testamento spirituale. Borsellino dice alcune
cose: a) che la procura di Palermo in quel momento sta
indagando sui rapporti tra Berlusconi, Dell'Utri e Mangano;
e poi dice un'altra cosa: dice che in una intercettazione
del 1981 tra Mangano e Dell'Utri, Mangano sta contrattando
con Dell'Utri a proposito di un cavallo. E Borsellino
dice che "nel maxiprocesso noi abbiamo appurato che
Mangano quando parla di cavalli intende partite di droga".
Quando poi il giornalista, che è un francese, quindi
fa domande, gli dice " se ricordo bene nell'inchiesta
c'è un'intercettazone fra Mangano e Dell'Utri in cui
si parla di cavalli". Borsellino, che evidentemente
è un fine umorista, risponde "bè, nella conversazione
nel maxiprocesso, se non piglio errore, si parla di
cavalli che dovevano essere mandati in un albergo.Quindi
non credo che potesse trattarsi effettivanente di cavalli:
se qualcuno mi deve recapitare due cavalli me li recapita
all'ippodromo oppure al maneggio, non certamente dentro
a un albergo". Allora, voi immaginate un'intervista
di questo genere rilasciata oggi da Borsellino vivo,
che cosa si direbbe di Borsellino, che è una toga rossa,
che è arrivata la cavalleria comunista, che non a caso
è un complotto politico, la giustizia a orologeria.
Il problema è che pare che Paolo Borsellino votasse
Movimento Sociale; cioè appartenevaa quella tradizione
della destra, la nobile tradizione della destra legalitaria,
che in Sicilia faceva fronte contro la mafia. Per cui,
andava perfettamente daccordo con suoi colleghi che
erano di sinistra. Immaginatevi se un uomo come Borsellino
fosse sopravvissuto e avesse rilasciato oggi questa
intervista dove sarebbe già finito, come minimo davanti
al CSM, come minimo. Il fatto che in questo paese un'intervista
del genere non trovi un programma che la trasmetta in
prima serata ma debba andare di notte è abbastanza significativo.
D> E che fine ha fatto questa bobina poi?
M> La bobina c'è, è stata acquisita agli atti della
procura di Caltanissetta che indaga sulle stragi , perché
è molto interessante sapere di che cosa si stava occupando
la magistratura palermitana nel momento in cui saltavano
in aria i suoi due maggiori esponenti. O no? E quindi
èstata acquisita. è molto istruttiva, secondo me, andrebbe
discussa, ci vorrebbero delle risposte.
D> Io ho invitato il Cavalier Berlusconi qua ma non
viene. Più di così non so cosa posso fare.
M> Strano.
D> In realtà in un qualunque altro paese europeo o del
mondo anche un ventesimo di queste piccole rivelazioni
scatenerebbero il terremoto politico. Qua invece non
capita nulla.
M> Oggi è venuto ad interessarsi di questo libro e a
farmi una piccola intervista un giornalista del Financial
Times, il quale mi raccontava dell'avventura di un dirigente
molto promettente del partito conservatore britannico,
mi ha lasciato anche un appunto con il nome e quindi
voglio essere preciso: si chiama Jonathan Atkin, il
quale un giorno, convocato ad un processo che riguardava
chi avesse pagato il conto di albergo da 3 milioni di
lire a sua figlia ha mentito, cioè ha detto una cosa
invece di un'altra, ed è stato immediatamente impacchettato
e portato in carcere, un ex ministro nonchè parlamentare
conservatore, è rimasto in carcere 6 mesi ed è uscito
l'altro giorno. Ha ovviamente la carriera politica finita,
ma aveva mentito su un conto di 3 milioni della figlia.
Io non oso immaginare quanta gente ci sarebbe nel Parlamento
Italiano se vigessero le stesse leggi, probabilmente
sarebbe semideserto.
D> Io mi chiedo, caro Marco, in che paese viviamo. Comunque
volevo ringraziarti perché tu, facendo questo libro,
dimostri di essere un uomo libero, e non è facile trovare
uomini liberi in quest'Italia di merda.
M> Ti ringrazio molto. Mi veniva in mente una cosa:
quel governatore della Pensylvania che un giorno si
presentò in televisione e si infilò la canna di una
pistola in bocca e si sparò: credo che tu stasera, più
o meno...
D> No, no, non lo farei mai.
M> Avresti fatto molto prima.
Tanto premesso, occorrerà
ulteriormente precisare che la difesa dell'on. Berlusconi,
a fondamento delle proprie domande, nel proprio atto
di citazione, e nelle memorie depositate ex art. 170
c.p.c., dopo aver integralmente riportato i dialoghi
intercorsi tra il Fabbri e il travaglio, ha esposto:
- che risultava diffamatoria
l'intera impostazione della trasmissione;
- che detta intervista,
sebbene inserita in un programma umoristico e nonostante
alcuni interventi grotteschi dell'intervistatore Fabbri,
non poteva essere considerata in alcun modo uno spettacolo
di satira, posto che il Travaglio, con il pretesto
di presentare un suo libro, per altro anch'esso gravemente
diffamatorio, con toni assolutamente seri, aveva attuato,
in concorso con il Fabbri e con il direttore della
rete Freccero, un vero e proprio linciaggio morale
ai danni dell'on. Berlusconi, nell'imminenza delle
elezioni politiche dell'anno 2001, avendolo presentato
ai telespettatori come persona impegnatasi in politica
per curare i propri interessi personali e per salvaguardare
le proprie fortune, accumulate con metodi non trasparenti
e verosimilmente delittuosi, nonché come politico
colluso con ambienti mafiosi, implicato in operazioni
di riciclaggio, e per averlo additato come mandante
a volto coperto di attentati contro magistrati e perfino
contro propri collaboratori e amici dotati di troppa
autonomia di pensiero;
- che il Travaglio
e il Fabbri avevano posto in essere una serie di espedienti
grotteschi al fine di creare il clima propizio alla
propalazione di accuse diffamatorie di sconvolgente
gravità (la storia dell'omino di bassa statura che
aveva fatto incetta delle copie del libro di Travaglio;
i reiterati riferimenti al pericolo di ricevere minacce
per quanto si andava dicendo; il rumore fuori scena
che aveva indotto il Fabbri ad esultare per lo scampato
attentato; la citazione del governatore della Pennsylvania
suicidatosi in diretta televisiva);
- che erano state
affermate grossolane falsità rese credibili da calcolate
e dolose omissioni, posto che: a) erano state gravemente
travisate le dichiarazioni rese dal giudice Paolo
Borsellino ed alcuni giornalisti francesi poco prima
di essere ucciso dalla mafia, documentate in una videocassetta
trasmessa dall'emittente Rai-News 24, essendosi fatto
credere ai telespettatori, contrariamente al vero,
che detto magistrato stesse svolgendo indagini a carico
dell'on. Berlusconi; b) che si erano ricordate le
indagini attivate a carico dell'on. Berluscono della
Procura della Repubblica di Caltanisetta nell'ambito
dell'inchiesta volta ad individuare i cosidetti mandanti
a volto coperto delle stragi di Capaci e di Via d'Amelio,
senza informare il pubblico che detta Procura già
aveva richiesto al GIP l'archiviazione; c) che si
era fatto credere che il consulente contabile Giuffrida
aveva svolto accertamenti sul conto delle società
del gruppo Fininvest nell'ambito di una verifica imparziale
disposta dalla Banca d'Italia, tacendo al pubblico
che detto contabile era in realtà un consulente di
parte, nominato dalla Procura della Repubblica di
Milano per sostenere in giudizio le proprie accuse;
d) che si era riferito che il citato Giuffrida aveva
concluso la sua verifica evidenziando l'impossibilità
di individuare gli originari finanziatori delle società
del gruppo Fininvest, omettendo di informare i telespettatori
che lo stesso Giuffrida, nella sua stessa relazione
aveva precisato che le conclusioni esposte dovevano
intendersi come provvisorie, dovendosi acquisire ulteriori
documentazioni; e) che si era insinuato che il Ministro
Giulio Tremonti e lo stesso Governo presieduto dall'on.
Berlusconi, con la promulgazione della cosiddetta
"legge Tremonti", avevano favorito fiscalmente la
società Mediaset, omettendo di riferire che la competente
Commissione Tributaria Provinciale aveva già accertato
l'assoluta regolarità dell'operato di detta società
e che lo stesso Governo espresso dai partiti dell'Ulivo,
succeduto al primo Governo Berlusconi, aveva confermato
la normativa fiscale introdotta dalla legge in questione;
f) che infine si erano spacciate per indiscusse verità
"i vaniloquenti teoremi di un P.M.".
Tanto premesso, ritiene
il giudicante che nell'intervista in questione (nonostante
i giudizi totalmente negativi espressi, con indubbio
sarcasmo, sulla condotta dell'on. Berlusconi) non possano
ravvisarsi gli estremi del delitto di diffamazione.
Al riguardo si dovrà infatti considerare:
- che l'intervista
in questione andrà valutata con due distinti metri
di giudizio: il metro previsto per la valutazione
delle opinioni critiche (accertamento della verità
effettiva o putativa dei fatti riferiti, dell'esistenza
di un interesse per il pubblico alla conoscenza delle
opinioni espresse e della continenza delle espressioni
usate), dovendosi ritenere tali le opinioni espresse,
con toni indubbiamente seri, dal Travaglio sull'operato
e sulla condotta dell'on. Berlusconi, e il metro meno
rigoroso da adottare per la valutazione delle battute
sarcastiche e satiriche (che se non debbono necessariamente
menzionare fatti veri debbono evitare di esporre alla
pubblica riprovazione aspetti della vita altrui strettamente
personali ed intimi ovvero operare accostamenti o
allusioni pesantemente volgari o ripugnanti), in tal
modo dovendosi considerare i commenti e le sottolineature
comiche dell'intervistatore Fabbri;
- che le battute e
i commenti del Fabbri, quali si evincono dalla lettura
del testo dell'intervista, risultano privi di valenza
offensiva nel senso sopra precisato, essendo perfettamente
percepibili come notazioni comiche e risultando tutti
attinenti alla sfera dell'attività pubblica e imprenditoriale
dell'attore;
- che non può ritenersi
che il giornalista Travaglio abbia inteso accusare
in modo subdolo l'on. Berlusconi di biechi interessi
privati, di illeciti societari e di collusione con
la mafia, parendo evidente che detto giornalista intese
invece stigmatizzare, sicuramente con toni forti,
sarcastici e sdegnati, il comportamento dell'odierno
attore laddove questi, candidatosi alla Presidenza
del Consiglio dei Ministri, non aveva ritenuto necessario
chiarire nelle opportune sedi - giudiziarie, politiche
ovvero in pubblici dibattiti - alcune vicende della
sua attività imprenditoriale oggetto di indagini penali,
quali la provenienza dei finanziamenti che resero
possibile la costituzione delle società del gruppo
Fininvest da lui controllate ed i rapporti asseritamente
trattenuti da lui e da alcuni suoi stretti collaboratori
con esponenti di vertice della malavita mafiosa siciliana;
- che tale opinione
critica per Travaglio è risultata ancorata a fatti
veri di sicuro interesse per l'opinione pubblica (l'on.
Berlusconi era notoriamente candidato alle imminenti
elezioni politiche e notoriamente era stato designato
dallo schieramento di centro-destra a ricoprire, in
caso di vittoria, la carica di Presidente del Consiglio;
notorio era il coinvolgimento del predetto in inchieste
penali attivate dalla Procura presso il Tribunale
di Milano per reati societari e della Procura presso
il Tribunale di Caltanisetta che indagava sui mandanti
delle stragi mafiose di Capaci e di Via D'Amelio;
notoria era l'accusa di concorso esterno in associazione
mafiosa rivolta dalla Procura presso il Tribunale
di Palermo a carico di Marcello Dell'Utri, stretto
collaboratore dell'attore) ed è stata espressa con
modalità di per sé non offensive;
- che l'assunto attoreo
secondo cui il Travaglio avrebbe accreditato i propri
giudizi presso l'opinione pubblica esponendo anche
fatti falsi e omettendo circostanze che avrebbero
tolto valore a talune sue argomentazioni, non è risultato
fondato, dovendosi considerare: che mai il Travaglio
ebbe ad affermare né a far intendere che il giudice
Paolo Borsellino stesse svolgendo indagini a carico
dell'on. Berlusconi, essendosi limitato a sostenere
che detto magistrato, nella suddetta intervista, aveva
dichiarato che la Procura di Palermo stava indagando
sui rapporti tra Berlusconi, Dell'Utri e il mafioso
Mangano e aveva riferito l'esistenza di una intercettazione
di una conversazione telefonica intercorsa tra il
Mangano e il Dell'Utri, in cui i due parlavano di
cavalli, che risultava sospetta, posto che nel cosiddetto
maxiprocesso di Palermo era emerso che quando Mangano
parlava al telefono di Cavalli intendeva riferirsi
a partite di droga; che l'assunto riferito dal Travaglio
circa l'intervista a Borsellino ha trovato riscontro
nel testo della stessa intervista prodotto dalla difesa
dell'attore (il testo pubblicato dal settimanale L'Espresso
da cui si evince che Borsellino, ai giornalisti che
gli chiedevano se i cavalli di cui discutevano il
Mangano e il Dell'Utri fossero davvero dei cavalli,
ebbe a dichiarare "Nella conversazione inserita nel
maxiprocesso, se non piglio errori, si parla di cavalli
che dovevano essere mandati in un albergo, quindi
non credo potesse trattarsi effettivamente di cavalli,
se qualcuno mi deve recapitare due cavalli me li recapita
all'ippodromo o comunque al maneggio, non certamente
dentro l'albergo" e che alla domanda "si è detto che
Mangano ha lavorato per Berlusconi" ebbe a confermare
l'esistenza di indagini volte ad accertare la natura
di tali rapporti, avendo dichiarato "Non le saprei
dire in proposito. Anche se, dico, debbo far presente
che come magistrato ho una certa ritrosia a dire le
cose di cui non sono certo poiché ci sono addirittura...
so che ci sono addirittura ancora indagini in corso
in proposito per le quali non conosco addirittura
quali degli atti siano ormai conosciuti e ostensibili
e quali debbano rimanere segreti"); che quando fu
trasmessa l'intervista oggetto del presente giudizio
le indagini attivate dalla Procura di Caltanisetta
a carico dell'on. Berlusconi in relazione alle stragi
di Capaci e di Via D'Amelio non si potevano ancora
ritenere concluse, posto che il decreto di archiviazione,
richiesto dal P.M. il 2.3.2001, era stato emesso solo
il successivo 3.5.2002 e posto che la stessa Procura
nella propria richiesta di archiviazione aveva precisato
che il procedimento in questione non esauriva gli
sforzi investigativi posti in essere dall'ufficio
nel tentativo di individuare i mandanti esterni delle
stragi del 1992, essendo emerso un "inquietante intreccio
mafia-appalti" e posto che "l'importante informativa
in atti della DIA, Il Reparto, del 30.7.1999 che riferisce
sull'esistenza di elementi di correlazione fra le
imprese societarie indicate nell'elenco predisposto
dal ROS dei Carabinieri e le società (in numero di
401) del Gruppo Fininvest, conclude fissando lo sguardo
alla Tecnofin Group spa (riconducibile a Salamone-Micciché),
alla COGE spa (riconducibile a Paolo Berlusconi),
alla Tunnedil spa, alla Cipedil spa (Rappa di Borghetto)
, alla RTI spa"; che nella sua intervista il Travaglio
ebbe espressamente a precisare che il contabile Giuffrida
era un funzionario della Banca D'Italia incaricato
dalla Procura di Palermo di redigere una relazione
di consulenza; che la difesa dell'attore non ha negato
che quanto riferito dal Travaglio circa i risultati
delle indagini del Giuffrida rispondesse a verità;
che il Travaglio nella sua intervista ebbe a precisare
che dette indagini erano ancora in corso, posto che
di li a poco la Procura di Palermo avrebbe proceduto
all'interrogatorio del Berlusconi; che non risulta
che il Travaglio abbia mai insinuato che il Ministro
Giulio Tremonti e il primo Governo Berlusconi, con
la promulgazione della cosiddetta "legge Tremonti",
avessero inteso favorire fiscalmente la società Mediaset,
parendo evidente che le dichiarazioni rese sul punto
da detto giornalista intesero unicamente sottolineare
e denunciare all'opinione pubblica il noto problema
del conflitto di interessi che da più parti si assume
esistente rispetto all'attività di governo dell'on.
Berlusconi in considerazione dei suoi rilevantissimi
interessi economici; che infine non risulta che il
Travaglio abbia mai spacciato per indiscusse verità
le affermazioni fate dal P.M. Pescaroli nella requisitoria
resa al processo d'appello per la strage di Capaci
(cui la difesa dell'attore ha inteso riferirsi allorquando
ha parlato di "vaniloquenti teoremi di un P.M."),
avendo egli espressamente precisato che si trattava
di una requisitoria contenente "spunti di indagine"
e non di sentenza ("naturalmente tutto ciò è una requisitoria,
è un documento pubblico, è una cosa che è stata letta
in udienza e noi l'abbiamo pubblicata, non è una sentenza,
ci mancherebbe altro è semplicemente uno spunto di
indagine...");
- che tutto quanto
sopra esposto porta a ritenere scriminate tutte le
riferite affermazioni del Travaglio, da ritenersi
espressione di una legittima critica politica.
Esclusa, in forza di
quanto sopra detto, la lamentata diffamazione ed esclusa
altresì l'asserita ingiusta lesione del diritto dell'attore
alla propria identità personale, s'imporranno il rigetto
di tutte le domande formulate a carico dei convenuti;
parimenti dovrà essere respinta la domanda di risarcimento
formulata contro il Berlusconi dal Fabbri per lite temeraria,
non avendo questi specificato quali pregiudizi abbia
subito in conseguenza dell'iniziativa giudiziaria dell'attore;
del pari dovrà essere respinta del Fabbri di cancellazione
di talune frasi dall'atto di citazione avversario, trattandosi
di espressioni funzionali all'esercizio del diritto
di difesa.
Attesa la sua soccombenza assolutamente prevalente,
l'on. SIlvio Berlusconi dovrà infine essere condannato
alla rifusione delle spese processuali in favore dei
convenuti e della società chiamata in causa, così come
meglio specificato in dispositivo.
PQM
il Tribunale Ordinario di Roma
in composizione monocratica
definitivamente
pronunciando ed ogni altra richiesta disattesa, così
provvede:
- respinge le domande
di risarcimento dei danni, di pagamento della sanzione
prevista dall'art. 12 della legge n. 47/1948 e di
pubblicazione della sentenza formulate, con citazione
notificata il 26.4.2001, dall'on. Silvio Berlusconi
nei confronti di Marco Travaglio, Daniele Fabbri (in
arte Daniele Luttazzi), Carlo Freccero e della Rai
Radiotelevisione Italiana s.p.a.;
- respinge la domanda
di risarcimento dei danni per lite temeraria nonché
la domanda di cancellazione di talune frasi dell'atto
di citazione formulate dal Fabbri;
- condanna l'on, Silvio
Berlusconi a rifondere in favore di Marco Travaglio,
di Daniele Fabbri (in arte Daniele Luttazzi), della
Rai Radiotelevisione Italiana s.p.a. e della Bellandi
Entertainment s.p.a. le spese di giudizio che si liquidano,
per ciascuna di dette parti, in complessivi euro 16.855,00
di cui euro 15.000,00 per onorari ed euro 1.705,00
per diritti, oltre a quanto dovuto per le spese generali,
per l'Iva e per il contributo alla CPA.
Così deciso in Roma, il 14.1.2005
il Giudice Unico
dott. Massimo Corrias
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