MarcoTravaglio.it
 I Libri
 

  

Onorevoli Wanted
Recensione dl Corriere della Sera


In «Onorevoli wanted» di Gomez e Travaglio l’identikit dei deputati e dei senatori coinvolti in vicende giudiziarie Uno su dieci: i «diversamente onesti» del Parlamento

 

 

MILANO - «I politici hanno un’etica tutta loro», osservava Woody Allen, «ed è una tacca più sotto di quella di un maniaco sessuale». La citazione che apre Onorevoli wanted (Editori Riuniti), l’ultimo libro della premiata ditta Peter Gomez & Marco Travaglio, mette già in chiaro dove si vuole andare a parare: nell’unico Parlamento del pianeta (quello uzbeko, modestamente, viaggia a debita distanza) che al momento di andare in stampa possa vantare già 25 condannati in via definitiva, altri 8 in primo grado, più 17 imputati, 19 indagati, 10 prescritti e «un pugno di miracolati» dall’immunità, «assolti per legge» eccetera che porta il totale a una novantina su 900: uno su dieci, altro che l’Uzbekistan, fermo, informa Beppe Grillo, a 18 condannati. Con sublime perfidia, gli autori giocano sull’eufemismo che chiama i disabili «diversamente abili» e definiscono i nostri come i «diversamente onesti». Ben distribuiti, va detto: la «contro Navicella» di Gomez e Travaglio spazia dal centrodestra (65 eletti hanno problemi con la giustizia) al centrosinistra (17), setacciando archivi e carte giudiziarie. Il menù è vario, dalle mazzette alla banda armata. E comprende reati che a volte non fanno notizia ma sono serenamente bipartisan come l’abuso edilizio: Domenico Nania, senatore di An, superata una gioventù politica vivace (7 mesi per lesioni personali nell’ottobre ’69) è stato condannato in primo grado (90 giorni di carcere più 15 mila euro) per aver trasformato in villa con piscina un «vetusto fabbricato rurale» a Barcellona Pozzo di Gotto (particolare gustoso: l’amico progettista diventò assessore all’Urbanistica); il ds Vincenzo Visco se l’è cavata con 10 giorni, 20 milioni (di lire) e pena sospesa per la lunga storia di un rustico a Pantelleria (altro particolare gustoso: nel ’95 tentò di usufruire del condono Berlusconi).
Non mancano gli evergreen, dalle note e svariate disavventure giudiziarie di Berlusconi (che straccia D’Alema con sei prescrizioni a una: un presunto finanziamento illecito di 20 milioni dell’85, poi archiviato) all’«autogol» di Dell’Utri, che il 5 maggio ’87 spiega al giudice perché tale Rapisarda non può essere mafioso, «il discorso fa ridere... in quanto proprio è uno che parla in maniera sconsiderata di tutto e di tutti e credo che sia anche una persona che non ha nessun senso dell’amicizia, nessun rispetto...».
Del resto, dalle carte degli interrogatori spuntano episodi memorabili come il calvario fantozziano del banchiere Fiorani che racconta al pm Greco di quando a Villa Certosa portò in dono a Berlusconi un cactus di 40 chili, «un dislivello di 500 metri sotto il peggior sole... caldo enorme... pungeva parecchio, la camicia era bucata... sudore micidiale...». O l’attuale segretario udc Lorenzo Cesa che nel ’93 sospira a un pm: «Oggi mi sento più sereno, intendo vuotare il sacco». E racconta di quando il ministro del Lavori pubblici Prandini lo usava come collettore delle tangenti Anas, «chiesi al ministro cosa dovevo riferire al Cozzani (un imprenditore, ndr ) e mi sentii rispondere che gli dovevo chiedere il 5 per cento dell’appalto», quindi il giovane Cesa porta al ministro «una borsa di plastica rigida piuttosto spessa»: tutto prescritto, nel frattempo. E poi «il fatto di comparire in questo libro non significa essere colpevoli». Restano le cifre. E la constatazione degli autori: «Il Parlamento come alternativa all’ora d’aria non è un bello spettacolo».

Gian Guido Vecchi
Corriere della sera, 9 luglio 2006