«Sì,
perché è quella l'unica immagine del vecchio Padrino
che è bene rimanga negli occhi degli italiani. L'immagine
di una mafia antica, un po' animale, che un tempo uccideva
anche personaggi importanti evidentemente solo per il
gusto di uccidere.
Di tutto il resto, dei rapporti politici trasversali
di Provenzano, del cassiere del suo clan, pupillo del
presidente della Regione (UDC) e di un ministro UDEUR
del governo Prodi, dei capi-mafia di Corleone da sempre
amministratori dei beni di un importante deputato azzurro,
del loro collega di Enna, abituato a baciare sulle guance
e discutere di affari con un onorevole DS, mai cacciato
e anzi promosso, è meglio non parlare. Le sentenze poi
vanno lasciate assolutamente perdere. Condannano in
primo grado Marcello Dell'Utri per tentata estorsione
insieme al boss di Trapani, Vincenzo Virga, e Bruno
Vespa si dedica al delitto di Cogne e al pigiama della
signora Franzoni. L'attuale senatore UDC ed ex ministro
Calogero Mannino si vede appioppare cinque anni e quattro
mesi in appello (verdetto poi annullato con rinvio)
e a "Porta a porta" discute di calcio scommesse con
Maurizio Mosca e Aldo Biscardi.
Non è un caso. Se uno sa certe cose poi magari si mette
delle strane idee in testa. Magari comincia a riflettere:
forse, pensa, sono tutti innocenti, forse non hanno
commesso reati, forse non avevano capito chi avevano
di fronte. Ma se non sanno nemmeno distinguere un mafioso
da un attivista di partito, perché bisogna permettere
loro di amministrare la cosa pubblica?
Oggi le analisi della Confcommercio dicono che l'organizzazione
capeggiata, fino all'11 aprile 2006, dal latitante corleonese
raccoglie il pizzo dal 70 per cento delle attività commerciali
in Sicilia (80 per cento a Palermo). L'Eurispes spiega
che il fatturato complessivo delle tre mafie (Cosa Nostra,
camorra e 'ndrangheta) nel 2006 ha toccato il 9,5 per
cento del prodotto nazionale lordo. Il Censis, dopo
aver consultato settecento imprese, aggiunge che senza
«lo zavorramento mafioso annuo» le regioni del Mezzogiorno
sarebbero sviluppate come quelle del Nord.
Ma un dato narra meglio di ogni altra indagine quello
che sta accadendo: nella più moderna clinica di tutta
l'isola, la Santa Teresa di Bagheria, di proprietà di
un presunto prestanome di Provenzano, la Regione Sicilia
versava per ogni ciclo completo di terapia antitumorale
alla prostata 136.000 euro. Ora, dopo il sequestro da
parte della magistratura, lo stesso ciclo costa 8.093
euro. E allora diventa chiaro che Cosa Nostra non conviene,
che gli amministratori pubblici, collusi o distratti,
vanno emarginati non per moralismo, ma per un semplice
calcolo economico. I soldi che gestiscono sono nostri.
La mafia però non esiste. Ormai è solo ricotta e qualche
vecchia lupara. Chi può pensare che un contadino come
Provenzano stringa patti con uomini eleganti, dai buoni
studi e dalle raffinate letture? Nessuno.
E allora abbiamo deciso di raccontare questa storia,
la storia della sua latitanza e della sua presa del
potere, come un romanzo. Fate conto che non sia vero
niente. Ogni riferimento a fatti e circostanze realmente
avvenute è puramente casuale».
Lirio Abbate
e Peter Gomez .
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