Napoli. Firma di punta di Repubblica,
editorialista dell'Unità, collaboratore di Micromega,
Linus ed Anna, autore di libri di inchiesta e saggi che
puntualmente vanno in cima alle classifiche di vendita,
Marco Travaglio è tra i pochi scrittori capace di riempire
le sale dove vengono presentati e dibattuti i suoi lavori.
Il pupillo di Indro Montanelli è diventato il giornalista
di riferimento dei girotondini, di chi è attento alla
questione morale, di una sinistra ostile a ogni tentativo
di "inciucio" con "questa" destra. Ma soprattutto di chi
crede in un'informazione documentata e rigorosa sui fatti.
In queste settimane Travaglio sta macinando migliaia di
chilometri in giro per l'Italia per promuovere il suo
ultimo libro, "Le Mille Balle Blu" (Bur), scritto insieme
al collega dell'Espresso Peter Gomez, e per raccogliere
firme per una proposta di legge popolare che punta a garantire
il pluralismo e sottrarre la Rai dal controllo dei partiti.
Iniziativa da lui sostenuta insieme a Sabina Guzzanti,
Dario Fo, Beppe Giulietti, Tana De Zulueta, Enzo Biagi,
Oliviero Beha, Daniele Luttazzi e altre decine di intellettuali,
artisti, giornalisti, politici. Metropolis lo ha raggiunto
a Napoli per discutere con lui dei temi dell'attualità
e di come raggiungere una vera libertà d'informazione.
Traguardo che il giornalista avverte ancora lontano, almeno
fino a quando soffierà il vento contrario dell'ingombrante
presenza di un potentissimo editore-politico: il padrone
di Mediaset e della Mondadori Silvio Berlusconi.
Travaglio, il titolo
del suo ultimo libro non ha bisogno di commenti: "Le Mille
Balle Blu - Detti e contraddetti, bugie e figuracce, promesse
e smentite, leggi vergogna e telefonate segrete dell'uomo
che da dodici anni prende in giro gli italiani: Napoleone
Berlusconi". Ma una buona metà degli italiani continua
a credere a Berlusconi.
"Infatti questo libro
è scritto soprattutto per loro. E per dipingere un paese
che è stato governato per cinque anni, più un piccolo
prologo di sette mesi nel 1994, da un famoso bugiardo
conosciuto in tutto il mondo. Che però, a differenza dei
politici che mentono all'estero e che vengono sbugiardati
dall'informazione e bocciati dagli elettori, continua
a ricevere fiducia dalla metà del Paese. Dobbiamo fare
una riflessione non tanto su Berlusconi che mente, ma
su coloro che credono alle sue menzogne".
Lei ha scritto migliaia
di pagine sul controllo "politico" dell'informazione in
Italia e sulla censura che la inquina. Quando una testata
giornalistica può definirsi davvero libera?
"Quando il suo editore
ha l'unico scopo di vendere un giornale o fare una televisione
che riscuota successo tra il pubblico. In questo modo
la testata è costretta a fare un buon prodotto che viene
acquistato in edicola o con il telecomando dai lettori
o dai telespettatori. Quando invece l'editore ha altri
interessi, come quello di arruffianarsi il potere o assecondare
le esigenze imprenditoriali o giudiziarie, proprie o dei
suoi amici, come nel caso di molti editori, a cominciare
da Berlusconi, siamo di fronte a informazione di "parte".
Dovremmo togliere la politica dall'informazione. Tutta
la politica, non soltanto Berlusconi. Di destra come di
sinistra. Non è accettabile che la Rai sia nelle mani
della destra, come non è accettabile che vada in quelle
della sinistra".
La vittoria dell'Unione
alle elezioni politiche è una buona o una cattiva notizia
per la libertà d'informazione?
"Dipende da quello che
farà l'Unione. Sicuramente è una buona notizia che al
governo non ci sia più Berlusconi, che incarna in sé medesimo
il conflitto d'interessi con la presenza di un editore
televisivo e della carta stampata nella politica. Se il
centrosinistra deciderà di fare una politica diversa,
alternativa, delottizzando la Rai e rinunciando ad occuparla
militarmente come fece la volta scorsa, allora la sua
vittoria alle politiche è una buona notizia. Se invece
lascerà le cose come stanno, e cioè si prenderà la Rai
dopo essersi presa il governo, farà né più né meno quel
che ha già fatto Berlusconi. E sarà stata un'occasione
mancata".
L'inizio, anzi, il
preliminare, non è stato dei migliori. Giuseppe Giulietti
(Ds) e Tana De Zulueta (Verdi) non sono stati subito eletti
in Parlamento e sono entrati solo grazie al gioco delle
opzioni. La sinistra ha avuto grosse esitazioni nel tutelare
due dei pochissimi parlamentari uscenti che nella scorsa
legislatura si sono battuti per denunciare il conflitto
di interessi e la necessità di modificare la legge Gasparri.
"Questo è avvenuto in
un sistema elettorale dove non siamo noi a scegliere i
nostri deputati e senatori, ma i segretari dei partiti,
mettendoli in un certo ordine nelle liste bloccate. E'
stata una pessima notizia vedere messi da parte chi ha
rotto le scatole in questi anni in difesa della libertà
di informazione, contro le epurazioni e le censure in
Rai. Un brutto segnale. Spetterà comunque ai cittadini
far sentire la propria voce e rivendicare il proprio diritto
ad essere informati da una televisione che non sia in
mano ai partiti, ma a professionisti seri e bravi".