|  Claudio Petruccioli
 | Tutto è bene quel che finisce bene. L'altro giorno il presidente 
                  della commissione parlamentare di Vigilanza sulla Rai Claudio 
                  Petruccioli, senatore dei Ds, si reca in pellegrinaggio a casa 
                  del padrone di Mediaset e ne esce con l'investitura a presidente 
                  della Rai. Come se non bastasse, l'accordo prevede che il direttore 
                  generale sarà un dipendente in aspettativa della Rai, Alfredo 
                  Meocci, già parlamentare dell'Udc, già membro dell'Authority 
                  delle Comunicazioni, dunque incompatibile. Due ex controllori 
                  (si fa per dire) s'insediano ai vertici dell'azienda che dovevano 
                  controllare. Il tutto grazie alla designazione del proprietario 
                  dell'azienda concorrente che, fra l'altro, è pure il capo del 
                  governo. Manca soltanto la ratifica del nuovo consiglio di amministrazione, 
                  in cui siedono un ex ministro (Urbani di Forza Italia), quattro 
                  parlamentari (Malgieri di An, Rognoni dei Ds, Bianchi Clerici 
                  della Lega e lo stesso Urbani) e tre ex direttori di giornali 
                  di partito (Curzi di Liberazione, Malgieri del Secolo d'Italia, 
                  Rizzo Nervo di Europa). Mai, nemmeno ai tempi di Craxi, Forlani 
                  e Andreotti, i partiti erano stati così spudorati nell'occupare 
                  la televisione pubblica (cioè, in teoria, nostra). All'epoca 
                  c'erano le foglie di fico degli "intellettuali di area", e fra 
                  questi ogni tanto uno bravo c'era. Ora è caduta anche quella.
 
 Il grande inciucione destra-sinistra ratifica la brutale occupazione 
                  militare della Rai in vista delle elezioni politiche, a garanzia 
                  di tutti: proprio nel momento in cui l'informazione dovrebbe 
                  essere più libera, per fare le pulci ai candidati dei vari schieramenti, 
                  i vari schieramenti blindano la televisione per mettersi al 
                  riparo da qualsiasi notizia vera e scomoda. Petruccioli, da 
                  questo punto di vista, è una garanzia. Non solo per Berlusconi. 
                  Per tutti i partiti. L'informazione vera e scomoda, quella alla 
                  Santoro, a lui non è mai piaciuta. E nemmeno la satira alla 
                  Luttazzi. Le considera "faziose", "militanti", senza nemmeno 
                  conoscere il significato degli aggettivi. Le paragona agli obbrobri 
                  di Masotti. Più che vigilare, in questi quattro anni di presidenza 
                  della Commissione, lui ha dormito. Sotto il suo naso sono passati 
                  i più infami casi di censura che la tv italiana abbia mai conosciuto. 
                  Biagi, Santoro, Luttazzi, Freccero, Sabina Guzzanti, Paolo Rossi, 
                  Massimo Fini, Oliviero Beha, Paolo Hendel e tanti altri. Lui 
                  dormiva. Qualche protesta formale, qualche dichiarazione moderatamente 
                  critica, qualche prudente raccomandazione, ma senza esagerare. 
                  Per non disturbare troppo. Tre esempi fra i tanti.
 
 Primo, 18 aprile 2002: diktat bulgaro del premier Silvio Berlusconi 
                  contro Biagi, Santoro e Luttazzi. La commissione di Dormienza 
                  convoca e riconvoca per tutta la primavera-estate il presidente 
                  Rai Baldassarre e il direttore generale Saccà, facendosi voluttuosamente 
                  prendere per i fondelli. Per Biagi e Santoro non c'è problema, 
                  nessuno intende epurarli, "sono un patrimonio della Rai", resteranno 
                  come prima e più di prima. Petruccioli si beve tutto e attacca 
                  chi parla di epurazione: "Vedo con una certa sorpresa che si 
                  parla di licenziamento di Biagi. Invece Saccà ha espresso forte 
                  apprezzamento per Biagi...". Naturalmente sono tutte balle. 
                  Quando Il Fatto e Sciuscià vengono chiusi, ci si attenderebbe 
                  un ammutinamento dei vigilantes. Nulla. Biagi licenziato, Santoro 
                  sparito, Petruccioli non pervenuto.
 
 Secondo, settembre 2003: Rai2 ingaggia Massimo Fini per un programma 
                  notturno di costume, "Cyrano". Ma poi lo epura prima ancora 
                  di cominciare. Il direttore padano Antonio Marano confida a 
                  Fini che "c'è un veto politico e aziendale su di lei". Fini 
                  registra di nascosto il colloquio e porta la cassetta a Petruccioli. 
                  Il quale minaccia fuoco e fiamme. Poi però imbosca la cassetta, 
                  non la fa ascoltare agli altri commissari e convoca tutti i 
                  protagonisti. Marano nega di aver parlato di veto politico, 
                  accampa motivi artistici, insomma mente per la gola. Ma, senza 
                  registrazione, è la sua parola contro quella di Fini. Pilato 
                  Petruccioli stila la sentenza: "Non si può affermare ma neppure 
                  negare in modo perentorio che un veto nei confronti di Fini 
                  ci sia stato".
 
 Terzo, gennaio 2005: Paolo Hendel viene prima invitato e poi 
                  tenuto fuori dalla porta nel programma del sabato sera di Panariello. 
                  Il comico toscano minacciava di fare una battuta su Sandro Bondi, 
                  paragonandolo addirittura a Braccobaldo. Inaccettabile. L'artefice 
                  dell'ennesima censura è il direttore forzista di Rai1, Fabrizio 
                  Del Noce. Che se ne vanta pure: "La satira politica è vietata 
                  dalla linea editoriale della rete, è una tutela per la destra 
                  e per la sinistra". Nemmeno Mussolini, Francisco Franco o Milosevic 
                  avevano osato dire una simile enormità. Il capo della presunta 
                  Vigilanza, stavolta, non dorme. Collabora direttamente con la 
                  censura. "Da quanto mi è stato detto - dichiara Petruccioli 
                  - lo stop a Hendel è partito dalla produzione. Ma, prima di 
                  parlare di censura, devo leggere il testo dello sketch". Se 
                  lo sketch gli piace, è censura. Se non gli piace, o non capisce 
                  le battute, non è censura. Decide lui. Del caso Hendel non si 
                  parlerà più.
 
 Sarà un caso, ma fra i suoi migliori amici Petruccioli vanta 
                  Fedele Confalonieri (che è pure l'editore del figlio di sua 
                  moglie, Giangiacomo Mazzucchelli, giornalista al Tg5) e la numero 
                  tre di Mediaset, Gina Nieri. Guai però a chi lo scrive: quando 
                  il manifesto e Curzio Maltese, due mesi fa, misero nero su bianco 
                  che Petruccioli era il candidato di Berlusconi e Confalonieri, 
                  il nostro tuonò e strepitò: "Chi dice che sono il candidato 
                  del premier mi espone ai colpi delle Br". La verità gli fa male. 
                  Infatti, oltre al Foglio di Ferrara, al Riformatorio di Polito, 
                  a Fassino e a D'Alema, è stato proprio Confalonieri a spingere 
                  di più per la promozione di Petruccioli alla Rai. E, dal suo 
                  punto di vista, ha fatto bene. Per i berluscones, comandare 
                  in Rai come prima, più di prima e poter ripetere a ogni pie' 
                  sospinto che la Rai è ricaduta nelle mani di un "comunista", 
                  è l'ideale. Si ripete il giochino della "presidente di garanzia" 
                  Lucia Annunziata. Berlusconi imperversa e la sinistra gli regala 
                  una foglia di fico in cambio di qualche briciola. I soliti sospettosi 
                  parlano di un "do ut des", ma qui si vede soltanto il "do" (della 
                  sinistra a Berlusconi). Il "des" (di Berlusconi alla sinistra) 
                  non si conosce, anche se ciascuno può lavorare con l'immaginazione. 
                  Quel che è certo è che i telespettatori, che vorrebbero rivedere 
                  in tv Biagi, Santoro, Luttazzi, Grillo, Sabina Guzzanti, Paolo 
                  Hendel, Massimo Fini, Oliviero Beha, Carlo Freccero e tutti 
                  gli altri, non avranno né il "do" né il "des". Una sola cosa 
                  possiamo chiedere a questi partitocrati che occupano abusivamente 
                  la Rai: non parlino mai più di conflitto d'interessi. La scena 
                  del senatore Petruccioli che va a Palazzo Grazioli col cappello 
                  in mano a rassicurare il capo del governo e di Mediaset per 
                  diventare presidente della Rai è la santificazione di tutti 
                  i conflitti d'interessi. Gli interessi sono chiarissimi. Ma 
                  il conflitto dov'è?
 Marco 
                  Travaglio 
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